Nei primi giorni di ottobre si è scatenata una polemica mediatica sul deficit patrimoniale dell’Inpdap, l’ente di previdenza dei dipendenti pubblici. Riportiamo i termini del dibattito e la situazione contabile reale del nuovo ente previdenziale frutto della fusione Inps-Inpdap-Enpals: il buco c’è ed è grande
Lo scorso dicembre il decreto salva-Italia disponeva la nascita del cosiddetto SuperInps: l’Inpdap, l’ente di previdenza del settore pubblico, e l’Enpals, il piccolo istituto del settore sport e spettacolo, venivano inglobati nell’Inps, che gestisce le pensioni dei lavoratori privati. Un progetto in discussione da anni cui finalmente il Governo tecnico dava attuazione immediata, riuscendo a spazzare via le storiche resistenze politico-corporative.
L’idea aveva diversi aspetti positivi: dalla soppressione (politicamente simbolica dell’avvio di un nuovo corso) di tre enti pressochè sovrapponibili, alla razionalizzazione delle gestioni tecniche previdenziali, alla creazione di un unico interlocutore nel momento storico in cui i regimi pensionistici vengono equiparati, all’efficientamento delle spese di gestione complessive grazie all’impiego del più avanzato modello di gestione dell’Inps: nella relazione tecnica al salva Italia i risparmi di gestione erano indicati in almeno 20 milioni di euro nel 2012, 50 nel 2013 e 100 nel 2014 (in questi giorni sono stati comunicati 4mila esuberi nel nuovo organigramma aggregato).
Alcuni dubbi potevano sorgere a seguito della creazione di un ente di dimensione sterminata: 21 milioni di assicurati, 1,5 milioni di aziende e 23 milioni di pensionati, oltre 700 miliardi di euro di masse amministrate, spese di funzionamento per 4,6 miliardi di euro, uno sterminato patrimonio immobiliare. Un centro di potere oggettivamente forte. Altro dubbio poteva riguardare il coinvolgimento dell’Enpals nell’operazione, visto che il piccolo ente presentava comunque una gestione tecnicamente efficiente e bilanci in attivo.
IL BUCO INPDAP
Il primo ottobre scorso un’inchiesta del Corriere della Sera ha evidenziato le spine dell’operazione SuperInps, con tanto di effetti contabili disastrosi per il neonato super ente previdenziale.
Infatti dalla nota di assestamento del bilancio Inps 2012 emergono con cruda chiarezza i conti dell’Inpdap e il potenziale impatto sul bilancio di SuperInps. L’ente previdenziale dei dipendenti pubblici porta nel bilancio dell’Inps ben 10,269 miliardi di disavanzo patrimoniale (dato al gennaio 2012), cui si aggiungono circa 5,8 miliardi di passivo per il solo esercizio 2012. I dati forniti dal Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inps (Civ, l’organismo composto da 24 membri designati dalle rappresentanze sindacali dei lavoratori, dei datori di lavoro e dei lavoratori autonomi che predispone le linee di indirizzo generale e approva il bilancio) testimoniano che il deficit patrimoniale e lo squilibrio strutturale dei conti Inpdap potrebbero mettere a rischio la sostenibilità dell’intero sistema previdenziale italiano nel giro di pochi anni, portando all’azzeramento del patrimonio dell’ente di previdenza unificato. Il Civ fa risalire il buco patrimoniale Inpdap a due circostanze principali:
- la riduzione dei dipendenti pubblici nel corso degli anni (sono scesi i versamenti, mentre la spesa per pensioni è aumentata);
- il mancato versamento dei contributi (fino al 1995) da parte delle amministrazioni centrali dello Stato alla Ctps (Cassa dei trattamenti pensionistici dei dipendenti dello Stato), che era una delle 10 casse poi confluite nell’Inpdap nel 1996 in seguito a norme europee che imponevano un bilancio trasparente. Anche dopo il 1996 le amministrazioni dello Stato avrebbero versato “solo la quota della contribuzione a carico del lavoratore (l’8,75%) e non la quota a loro carico” (un ulteriore 24,2%). In contropartita lo Stato ogni anno fa fronte al disavanzo: nel 2012 il trasferimento è stato di 6,4 miliardi. Il punto è che, conti alla mano, il versamento non copre il buco: l’analisi del Civ sostiene che a fine 2012 il disavanzo di gestione Inpdap sarebbe comunque di ben 5,789 miliardi.
Quindi, alla luce dell’incorporazione dell’Inpdap, i conti (previsionali) del SuperInps accusano un consistente risultato negativo: il risultato dell’esercizio 2012 andrà in rosso per 8,869 miliardi di euro (a fronte di un -2,2 miliardi dell’esercizio 2011). Gli effetti peggiori, peraltro, si registreranno sul piano patrimoniale: prima dell’incorporazione di Inpdap e Enpals, l’Inps aveva un avanzo di 41 miliardi. Nel 2012, dopo aver tolto i 10,2 miliardi di passivo Inpdap (e aggiunti i 3,4 miliardi di attivo dell’Enpals), il patrimonio al primo gennaio scendeva a circa 34 miliardi; a fine 2012, acquisita la perdita d’esercizio di 8,869 miliardi, l’attivo patrimoniale scenderà indicativamente a 25 miliardi. In un anno l’Inps perde 16 miliardi (circa il 40%) del patrimonio!
E’ evidente poi, come sottolineato dal Civ, che il disavanzo strutturale Inpdap è destinato a ripercuotersi anche negli anni futuri, con il forte rischio di erosione rapidissima del patrimonio residuo. E gli effetti della spending review, ancora non quantificabili, accentueranno questo trend: se i dipendenti pubblici diminuiranno (come sembra) di 300mila unità, i versamenti previdenziali caleranno sensibilmente, compromettendo ulteriormente la gestione previdenziale del settore pubblico e, indirettamente, tutto l’equilibrio del sistema previdenziale.
LE REAZIONI UFFICIALI
Le repliche non si sono fatta attendere nei due giorni successivi. In una nota congiunta dei ministeri del Lavoro e dell’Economia le conclusioni riportate dal Corriere sono state seccamente smentite: affermazioni infondate che ”danno luogo a letture distorsive e possibili strumentalizzazioni; l‘accorpamento Inps-Inpdap-Enpals non comporta alcun effetto sulla sostenibilità del sistema previdenziale, che resta pienamente confermata, soprattutto per effetto delle modifiche ai diversi regimi pensionistici conseguenti alle riforme degli ultimi anni”. Viene confutata la tesi della possibile insostenibilità dell’intero sistema pensionistico, adducendo la rilevanza “solo” contabile dei numeri (corretti) esposti: gli effetti della fusione erano ampiamente previsti e il nuovo Inps assorbe il disavanzo Inpdap, ma incamera anche tutti i trasferimenti dello Stato previsti a vario titolo a favore dell’Inpdap. I ministri competenti hanno smentito la circostanza che le amministrazioni dello Stato abbiano versato “solo la quota della contribuzione a carico del lavoratore e non la quota a loro carico“. Secondo il Governo, quindi, è del tutto infondato l’allarme su un più o meno imminente squilibrio patrimoniale del SuperInps.
Il Ministro del Lavoro Elsa Fornero è intervenuta anche direttamente, assicurando che “si tratta di dati tutti conosciuti. Noi abbiamo cambiato le regole, che sono ora più uniformi, quindi non c’è allarme. Non si fa risparmio sulle pensioni mettendo insieme Inps e Indap o altri enti, si fa risparmio sugli oneri di gestione e amministrazione. I costi della previdenza sono legati alle regole per le pensioni e quindi scenderanno man mano che si realizzeranno i risparmi prodotti dalla riforma pensionistica“.
Una replica pubblica è venuta anche dal presidente dell’Inps Antonio Mastrapasqua: “Non c’è nessun problema: finanziariamente i soldi per le pensioni ci saranno assolutamente“. Mastrapasqua ha ammesso che “il bilancio dell’Inpdap è chiaramente in disavanzo… Nel momento in cui il nuovo ente ha inglobato l’Inpdap, è chiaro che questo disavanzo si verifica contabilmente anche nel nuovo Inps. Lo Stato ha sempre fatto fronte al piano dei disavanzi anticipando finanziariamente le risorse necessarie. Se il disavanzo dell’Inpdap rimarrà, sarà lo Stato a doverlo risanare“. Secondo Mastrapasqua vi è “la piena consapevolezza di una sostanziale stabilità dei conti dell’Istituto e del sistema previdenziale italiano. Gli effetti delle riforme degli anni scorsi e quelli della Monti-Fornero hanno messo definitivamente in sicurezza i conti della previdenza italiana“. Affermazioni rassicuranti, ma a giudizio di Economy2050 fuori tema: va bene la sicurezza delle erogazioni pensionistiche nei prossimi anni (cosa che nessuno ha mai messo in dubbio), ma il buco nel bilancio Inpdap c’è e come si è generato? E’ evidente che l’assenza di smentite sulla consistenza del disavanzo ne conferma indirettamente l’esistenza (attestata peraltro in tutti i documenti ufficiali).
L’ANALISI DELLA CORTE DEI CONTI
Pochi giorni dopo, il quattro ottobre, la Corte dei Conti ha reso pubblica la Relazione di controllo 2011 sull’Inpdap. Nel documento si conferma che lo sbilancio pensionistico è strutturale, principalmente per cause di natura esogena: in particolare le politiche limitative del turn over nel pubblico impiego e il continuo aumento degli oneri per i trattamenti pensionistici (numero delle prestazioni e incrementi delle stesse).
Per la magistratura contabile, inoltre, dal 2008 si è aggiunta l’eliminazione dell’apporto finanziario dello Stato alla Cassa trattamenti pensioni statali: ciò si è tradotto in un progressivo aumento dei debiti nei confronti dello Stato, debito che, accumulatosi negli anni, ha raggiunto nel 2011 l’ammontare di 25, 2 miliardi di euro ed è la principale causa del cospicuo disavanzo patrimoniale netto. Secondo la Corte, quindi, il disavanzo patrimoniale di 10,3 miliardi (peraltro mitigato dai risultati positivi della gestione finanziaria in conto capitale, il quale compensa in larga misura il disavanzo di parte corrente e deriva dalle entrate per accensione di prestiti) con cui si è chiuso il 2011 è il frutto dell’eliminazione dei versamenti statali di cui sopra. Come i mancati versamenti (che secondo logica dovrebbero essere crediti per l’Inpdap) siano divenuti debiti lo vedremo successivamente. In seguito alle cause evidenziate, nel 2011 l’Inpdap ha registrato una perdita economica d’esercizio di 10,5 miliardi (!). La Corte dei Conti ha rilevato, inoltre, che la legge di stabilità 2012 ha introdotto nuovi meccanismi di finanziamento statale a sostegno delle gestioni Inpdap, in modo da ridurre (secondo le stime per il 2012 dello stesso istituto previdenziale) in modo deciso i disavanzi: quello finanziario dovrebbe passare da 13 (dato 2011) a 6,6 miliardi e quello economico da 13,3 a 6,8 miliardi.
In sostanza la Corte ha attestato che dal punto di vista previdenziale la gestione Inpdap è squilibrata nel lungo termine e che il deficit patrimoniale di bilancio è dovuto a pratiche contabili “creative” da parte dello Stato (non certo dovuto, ad oggi, dallo squilibrio previdenziale in sè).