LA NUOVA TASSAZIONE SULLE COMPRAVENDITE IMMOBILIARI

Cambia la tassazione sulle compravendite immobiliari: dal 2014 due sole aliquote, con azzeramento pressochè totale di ogni eccezione. Per chi non poteva fruire di regimi agevolati il nuovo trattamento è migliorativo. La tassazione sui trasferimenti, comunque, appare ancora troppo elevata, mentre viene mantenuto un regime di favore eccessivo sulle prime abitazioni. Non vengono risolti i limiti strutturali che rendono inefficiente il mercato immobiliare.

IL COSTO FISCALE DELLE COMPRAVENDITE IMMOBILIARI

Il decreto legge 104/2013 (decreto Scuola) ha innovato in modo rilevante la tassazione sul trasferimento a titolo oneroso dei beni immobili, con efficacia dal gennaio 2014. E’ stata ridotta l’imposta di registro per l’acquisto della prima casa, dal 3 al 2% (con un minimo di mille euro) e sono stati modificati i requisiti di accesso a questo regime di favore: dal prossimo primo gennaio saranno considerate di lusso, e quindi non agevolabili, le unità immobiliari classificate in catasto nelle categorie A/8, A/9 e A/1 (ville, castelli e palazzi di pregio storico o artistico, unità immobiliari in zone di pregio e con caratteristiche costruttive di livello superiore).

Ogni altro trasferimento immobiliare a titolo oneroso verrà invece tassato al 9%, sempre con un minimo di mille euro: oggi la compravendita è assoggettata ad aliquote che spaziano dal 3 al 15%, a seconda dei casi specifici. Unica eccezione alle due aliquote saranno i conferimenti in società di immobili strumentali che siano fuori campo Iva, che rimarranno soggetti all’aliquota del 4%.

Sono state modificate anche le altre imposte gravanti sulle compravendite a cui si applicheranno le nuove aliquote al 9 o 2%. Il decreto esenta i trasferimenti immobiliari dall’imposta di bollo, dai tributi speciali catastali e dalle tasse ipotecarie, mentre sostituisce le precedenti imposte ipotecaria e catastale con una importo fisso di 50 euro per ognuna.

In linea generale le innovazioni comportano un decremento della tassazione. Due esempi:

Immobile non prima casa (valore 100mila euro). Fino a tutto il 2013 si paga un totale di 10mila euro: 7% di imposta di registro (7mila euro), 2% di quella ipotecaria (2mila), 1% di quella catastale (mille). Dal gennaio 2014 si pagherà 9.100 euro: 9mila di imposta di registro (9%), cui si sommano 50 euro di imposta ipotecaria e 50 di imposta catastale.

Immobile prima casa (valore 100mila euro). Fino al 31 dicembre si paga 3.336 euro: 3% di imposta di registro (3mila euro), 168 euro per ciascuna delle imposte ipotecaria e catastale. Dal gennaio 2014 l’importo scenderà a 2.100 euro: 2% per l’imposta di registro, 50 euro per ciascuna delle altre due imposte.

Il meccanismo introdotto penalizza leggermente, rispetto ad oggi, gli acquisti di prima casa in cui il cedente è un’impresa edile: con il regime attuale l’acquirente privato di un’abitazione dal valore di 100mila euro paga 4.504 euro di tasse (4% di Iva, oltre a 168 euro cadauna per le imposte di registro e ipotecaria/catastale); da gennaio si pagheranno 4.600 euro (stessa aliquota Iva, ma 200 euro cadauna per le due imposte). L’incremento di imposta è minimo, ma se il venditore fosse un privato l’acquirente, dal 2014,  verserebbe solamente 2.100 euro (meno della metà): di fatto viene a crearsi una forte penalizzazione fiscale all’acquisto di case nuove.

L’ELIMINAZIONE DI ESENZIONI E AGEVOLAZIONI

Se le nuove regole appaiono favorevoli per le compravendite assoggettate alle aliquote ordinarie, così non sarà per gli attuali tanti casi di tassazione agevolata: il decreto elimina le eccezioni alle aliquote standard, così come dettato dall’articolo 10 del Dlgs 23/2011 (decreto istitutivo dell’Imu) quando dispone la soppressione di “tutte le esenzioni e le agevolazioni tributarie, anche se previste in leggi speciali”. In questi casi l’aggravio sarà notevole: ad esempio, oggi è agevolato il trattamento per gli acquisti immobiliari delle Onlus (che pagano l’imposta di registro fissa), da gennaio pagheranno il 9%. Anche i trasferimenti che riguardano immobili di pregio storico o artistico, oggi tassati con il 3% a titolo di imposta di registro e il 3% per l’imposta ipotecaria e catastale, non ammetteranno agevolazioni.

Rilevante il caso dei trasferimenti patrimoniali nell’ambito di una procedura di separazione o di divorzio: nel 1987 fu stabilita l’esenzione da ogni tributo in caso di divorzio, poi  estesa con sentenza della Consulta del 1999 anche alle separazioni. Dal 2014 gli ex coniugi pagheranno il 2 (se prima casa) o il 9% del valore dell’immobile (più 100 euro), come ogni altro cittadino.

Naturalmente, visto che non sono più ammesse eccezioni, le imposte sulle compravendite varranno anche per le altre operazioni sugli immobili, come il trasferimento di diritti reali di godimento (compresa la rinuncia), gli espropri, i trasferimenti coattivi.

L’IMPOSTA DI BOLLO

Tutti gli altri atti assoggettati a imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa pagheranno 200 euro (dai 168 odierni). L’aumento colpisce in particolare le operazioni che riguardano le imprese (escludendo gli immobili): conferimenti nel capitale sociale, atti societari, costituzione di  associazioni temporanee di impresa, … Anche alcuni contratti o atti fra privati saranno interessati, come il comodato di beni immobili, gli atti costitutivi e modificativi di Onlus e associazioni, la costituzione di trust…

LA RIFORMA E LA SEGMENTAZIONE DEL MERCATO

Nei post “Il superamento dell’Imu: alcuni accorgimenti per una tassazione più equa” e “II parte. Il superamento dell’Imu: alcuni accorgimenti per una tassazione più equa” noi di Economy2050 abbiamo individuato alcune inefficienze che distorcono e frenano il mercato immobiliare italiano. In particolare nel secondo dei due post si è fatto riferimento a tre meccanismi attuali che incidono negativamente sul regime di circolazione dei beni immobili.

A nostro giudizio le norme fiscali sulle compravendite immobiliari sono fortemente distorsive sia per la segmentazione artificiale del mercato che comportano, che per come vengono calcolate, che per la loro entità.

Il mercato è oggi segmentato a causa del diverso trattamento fra prima casa e altre abitazioni, distinzione presente in Europa solo in Italia e Portogallo: non si comprende quale criterio economico o di mercato (o anche sociale) giustifichi la continuazione di tale impostazione per il futuro. La riforma della tassazione proposta dal governo non elimina la segmentazione, ma anzi la accentua in termini proporzionali. Peraltro viene introdotta una ulteriore sotto-segmentazione negli acquisti delle prime case, dato che le imposte sulle compravendite fra privati e fra imprese/privati vengono ad assumere le differenze di valori viste sopra.

Dal 2014, quindi, il trasferimento di uno stesso immobile sarà assoggettato di fatto a tre aliquote (2, 4, 9%) a seconda delle caratteristiche soggettive dei contraenti, perpetrando un aspetto da sempre caratterizzante il mercato della casa italiano. Ma se uno stesso oggetto cambia il suo prezzo in base a parametri che nulla hanno a che fare con l’oggetto stesso, è difficile ritenere che il suo mercato possa funzionare in maniera efficiente.

LA RIFORMA E L’EQUITA’ DELLA TASSAZIONE

Anche il criterio di calcolo delle imposte pone dei problemi, in questo caso di equità di trattamento fra cittadini, visto che è collegato agli attuali valori catastali (rendita catastale rivalutata). Notoriamente i valori riportati in Catasto sono sconnessi dal prezzo di mercato degli immobili: il punto è che tale discrezionalità di valutazione è assolutamente disomogenea, tanto da creare forti sperequazioni di trattamento fiscale fra cittadini che presentano in concreto patrimoni immobiliari molto simili. A tale stato di fatto consegue un sistema fiscale immobiliare fondato sull’iniquità, ragion per cui da anni si dibatte sulla riforma del Catasto.

Non era compito del decreto 104 addentrarsi in questo meandro, ma il tema rimane inevaso e necessita di un organico intervento: a questo proposito verrà a giorni licenziata dal Parlamento l’ennesima delega al governo in materia di riforma del Catasto. Nelle precedenti legislature tutti i tentativi di riforma dei valori catastali sono caduti nel vuoto.

LA RIFORMA E IL FUNZIONAMENTO DEL MERCATO IMMOBILIARE

E’ di tutta evidenza, poi, che il mercato risulta frenato dall’eccessiva aliquota sull’acquisto delle seconde case, che peraltro dovrebbero essere il cuore di un vero mercato immobiliare.

Il passaggio dal 10 al 9% va nella direzione giusta, ma riteniamo sia un passo troppo timido. Un tale livello di tassazione non può che essere un forte disincentivo al trasferimento della proprietà degli immobili, bloccando il numero di operazioni ad un livello molto più basso rispetto al livello potenziale. L’esistenza di un così elevato carico fiscale comporta un forte rischio prociclico, almeno nelle fasi economiche recessive: in periodi di crisi (in cui il valore degli immobili decresce già di suo) si ferma quasi del tutto il numero delle transazioni effettuate (come sta effettivamente accadendo negli ultimi semestri). Una drastica riduzione fiscale sui trasferimenti, quindi, potrebbe rivitalizzare strutturalmente un mercato (numero delle transazioni) da tempo in profonda crisi (post “Le prospettive del mercato immobiliare italiano”), ma avrebbe le potenzialità per dare anche una piccolo supporto ai prezzi (almeno per una parte della componente fiscale abolita). Da non sottovalutare il fatto che la meno gravosa circolazione immobiliare consentirebbe anche un “aggiustamento” automatico all’inasprimento fiscale sul patrimonio immobiliare introdotto dall’Imu, favorendo la vendita dei cespiti per quei proprietari con immobili dal valore molto superiore alle disponibilità reddituali (pensionati, eredi, disoccupati, …).

Le stesse osservazioni valgono per un altro fattore di freno tipicamente italiano: le altissime spese accessorie non fiscali collegate a tutte le compravendite immobiliari. L’obbligo di assistenza notarile si limita alla verifica di meri aspetti formali (sono esclusi controlli su vizi di costruzione, adeguamento degli impianti, abusi edilizi, pretese pendenti del fisco o del condominio, …), ma le tariffe sono elevatissime (specie se si pensa che i  controlli svolti dai notai implicano in gran parte semplici consultazioni di archivi pubblici, eseguibili anche da altri professionisti con parcelle molto meno esose). La medesima impostazione tipicamente italiana (controlli solo formali, ma alte parcelle) caratterizza anche la disciplina dei mediatori immobiliari. E’ il caso di sottolineare che l’eccessivo onerosità delle parcelle professionali a carico dei contraenti favorisce inevitabilmente l’accettazione dell’evasione fiscale, proprio per abbassare  (a danno dell’Erario) le spese. In diversi paesi europei sono in vigore soluzioni molto più efficaci (e meno costose) di quelle italiane (post “II parte. Il superamento dell’Imu: alcuni accorgimenti per una tassazione più equa”).

LA RIFORMA E IL REGIME DELLE PLUSVALENZE

Noi di Economy2050 riteniamo che tutta la tassazione immobiliare debba tendere a replicare lo schema impositivo applicato gli investimenti finanziari, pur con gli opportuni adattamenti (in particolare sulla tassazione patrimoniale della prima casa, che consideriamo bene d’uso piuttosto che investimento, almeno sino a un certo importo): occorre impostare un sistema con valori omogenei definiti in modo trasparente (prezzi di mercato), imposte e costi di transazione bassi, semplicità e sicurezza nella circolazione del bene, ma anche tassazione sulle plusvalenze realizzate (magari valutando un regime speciale in relazione alla prima casa, che tuttavia ad una prima impressione non ci sembra indispensabile).

Tralasciamo in questo post le valutazioni relative all’imposizione patrimoniale (Imu sulla prima casa e su altri immobili), soffermandoci sul fatto che oggi vendere una abitazione acquistata da oltre 5 anni non dà luogo ad alcuna tassazione dell’eventuale plusvalenza. Non si comprende la ragione economica o sociale di tale beneficio fiscale, a vantaggio soprattutto di chi opera (o ha operato in passato, visto il crollo delle compravendite odierno) con assiduità sul mercato immobiliare. Questo beneficio riservato agli investitori in immobili andrebbe rapidamente eliminato, sottoponendo le plusvalenze/minusvalenze immobiliare al medesimo regime di ogni altra forma di investimento finanziario. Su questo fronte il decreto 104 non interviene, né sembra all’ordine del giorno alcun tipo di modifica.

CONCLUSIONI

La riforma della tassazione sulle compravendite immobiliari che il decreto 104 introduce ha due grandi pregi: riduce, anche se di poco e in modo distorsivo, il peso del fisco sui trasferimenti ed elimina i privilegi attribuiti a situazioni particolari. Ma ha anche un grande difetto di impostazione: la rigidità dei conti pubblici, che non consente di rinunciare al gettito riveniente dai trasferimenti. Su questo punto, noi di Economy2050 si limitiamo a rilevare che secondo alcune analisi l’Italia vantail primato nelle imposte sulle compravendite fra i paesi occidentali, mentre secondo altri studi è fra i primi tre paesi con maggiori tasse gravanti sulla circolazione degli immobili. Da ciò deriva un intervento che non risolve le inefficienze strutturali del mercato.

Il tema della riforma del Catasto non competeva al provvedimento approvato dal governo, ma l’argomento è strategico per la definizione di un nuovo mercato immobiliare italiano: vedremo se il governo saprà concludere tale riforma epocale.

Pure la riduzione degli oneri (e la modifica dell’attività) dei professionisti che ruotano intorno alle vendite immobiliari non era materia inseribile nel decreto 104: tale riforma rientra nel più ampio calderone della liberalizzazione delle attività professionali, sul quale tante resistenze hanno incontrato tutti i governi nell’ultimo decennio. Anche in questo caso vedremo se il governo Letta saprà rendere più efficace la normativa, pur rilevando che tale argomento non appare oggi fra i temi proposti dall’esecutivo al dibattito pubblico.

In conclusione si può affermare che pressochè tutti i freni alla circolazione degli immobili presenti in Italia non sono stati affrontati dal decreto 104. Ribadiamo che secondo noi di Economy2050 l’efficienza del mercato immobiliare dipende dall’abbassamento ad un livello simbolico (o poco più) ed omogeneo in ogni caso delle imposte sulle compravendite, nonché dalla riforma profonda del regime legale e tariffario (sempre che non si voglia liberalizzare il settore, come ovviamente preferibile) dei professionisti che ruotano intorno ali trasferimenti immobiliari. Solo con tali interventi (necessari, ma comunque non sufficienti), riteniamo che il mattone possa divenire un bene più “liquido”, con tempi di vendita pur sempre compatibili con le caratteristiche intrinseche di un immobile (che per sua natura normalmente non può essere venduto a pezzi) ma più brevi di quelli attuali e a prezzi fissati dal reale incontro (non distorto) di domanda e offerta. Il modello di funzionamento del mercato (e il modello di tassazione, plusvalenze incluse) a cui tendere, come detto, dovrebbe essere quello tipico del mercato degli investimenti finanziari.

A nostro giudizio tassare il patrimonio immobiliare (Imu) ha un senso economico e sociale (come descritto in diversi post sull’argomento, indicati sotto), bloccarne la circolazione non ne ha nessuno.

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