LA STATISTICA FARA’ AUMENTARE IL PIL EUROPEO (MA NON LA CRESCITA)

La Ue sta per cambiare alcuni criteri statistici utilizzati per il calcolo del Pil, che si incrementerà di qualche punto percentuale per solo effetto delle nuove regole. Gli Usa hanno adottato i nuovi criteri lo scorso anno: il Pil è stato rivalutato di circa il 3%. La nuova metodologia non aumenterà le stime di crescita economica, ma solo la dimensione complessiva del Pil. Il nodo dell’inclusione del fatturato delle economie criminali nel prodotto interno.

A fine maggio la Commissione Ue ha reso nota la nuova metodologia di calcolo del prodotto interno lordo dei paesi Ue che entrerà in vigore dal prossimo ottobre (http://europa.eu/rapid/press-release_MEMO-14-21_en.htm).  Secondo l’Istat si tratta di un passaggio tecnico ad “una nuova versione delle regole di contabilità” che porterà al miglioramento del metodo di misurazione del Pil, introducendo nuove fonti di informazioni: in sostanza verranno rimodulate alcune voci che compongono il Pil e ne verranno incluse altre.

La modifica dei criteri di calcolo non è un’iniziativa europea, ma l’attuazione della nuova metodologia di rilevazione statistica adottata a livello internazionale: il sistema finora utilizzato dall’Eurostat (European System of Accounts) risale a circa venti anni fa (Esa 1995) e verrà sostituito dal più recente Esa 2010, concepito in raccordo con l’ultima versione del sistema dei conti delle Nazioni Unite (System of National Accounts, Sna ).Gli Stati Uniti hanno adottato la nuova metodologia statistica già nell’agosto 2013; nella Ue dal prossimo ottobre il sistema dei conti nazionali (Sec) verrà adeguato ai nuovi standard metodologici internazionali (Sna 2008), il che consentirà anche di rendere più omogenee fra loro le contabilità nazionali europee (si coglierà l’occasione per eliminare alcune differenze).

Il sistema contabile internazionale Sna 2008 si pone l’obiettivo di cogliere i rilevanti cambiamenti che hanno investito l’economia mondiale negli ultimi decenni, dal crescente ruolo delle tecnologie nei processi produttivi, al maggior peso delle attività intangibili, alla internazionalizzazione delle imprese e connessa globalizzazione dei mercati.

LE NOVITA’ NELLE RILEVAZIONI STATISTICHE

Cinque tipologie di cambiamenti impatteranno maggiormente sulle contabilità pubbliche europee.

Spese in ricerca e sviluppo. Verranno contabilizzate una sola volta nel calcolo del prodotto interno, nell’esercizio in cui vengono effettuate: le spese in R&S saranno considerate spese per investimenti (in quanto contribuiscono all’accumulazione di capitale intangibile al fine di incrementare la capacità produttiva), mentre oggi sono considerate come una componente dei costi intermedi, quindi come spesa corrente. Secondo l’Istat la capitalizzazione di queste spese avrà un impatto positivo sulla domanda aggregata, in misura pari alla parte di spesa effettuata dalle imprese di mercato: l’effetto sarà l’incremento del livello del Pil, ma non del tasso di crescita del Pil stesso (di questo aspetto si dirà più diffusamente in seguito).

Spesa per armamenti. Anche la spesa pubblica in armamenti verrà riclassificata da costi intermedi a investimenti. Se in precedenza gli armamenti venivano registrati come consumi immediati in ragione della loro natura potenzialmente distruttiva, il nuovo sistema di contabilizzazione attribuisce loro un potenziale produttivo di durata pluriennale in termini di sicurezza esterna di un paese: da ciò deriva l’inclusione fra gli investimenti fissi lordi. Per l’Istat il nuovo sistema di rilevazione avrà comunque un effetto molto limitato sul prodotto interno: la spesa per armamenti è già registrata nei consumi finali (collettivi) delle amministrazioni pubbliche, quindi è già oggi inclusa nel calcolo del Pil.

Scambi con l’estero di merci da sottoporre a lavorazione (processing). La nuova metodologia di stima degli scambi commerciali con l’estero registrerà il valore della sola trasformazione dei beni materiali sottoposti a lavorazione: in un’apposita voce di contabilità nazionale sullo scambio di servizi verrà riportato il solo valore della lavorazione sulle merci (che non abbiano subito un cambio di proprietà) spedite all’estero o ricevute dall’estero per subire trasformazioni. Pertanto non verrà più contabilizzato in bilancia commerciale il valore integrale dei beni scambiati (oggi inclusi nei flussi di importazioni e esportazioni): la registrazione del valore del servizio di trasformazione (e non più delle merci scambiate) non modificherà il saldo netto dei flussi con l’estero, ma inciderà sul livello delle due componenti dell’interscambio commerciale, il che porterà ad una riduzione in valore assoluto del Pil. In sostanza il sistema Esa 2010 cambia (alla luce della globalizzazione) l’approccio di rilevazione del commercio internazionale, non basandolo più sui movimenti fisici quanto piuttosto sulle lavorazioni.

Economia illegale. E’ l’intervento più controverso, di cui si dirà più diffusamente fra poche righe.

Altri interventi. Le rilevazioni sulla spesa pensionistica saranno più accurate: una tabella complementare obbligatoria mostrerà infatti in modo trasparente gli impegni impliciti nei sistemi previdenziali europei (quelli di lungho/lunghissimo termine), al fine di migliorare la comparabilità tra i paesi Ue.Verrà misurato meglio il contributo al Pil delle assicurazioni danni: oggi le assicurazioni contribuiscono al Pil in base alla differenza tra premi e sinistri, ma tale sistema genera valori troppo variabili (a causa della volatilità dei sinistri: le catastrofi sono sempre più frequenti). Le nuove modalità di calcolo stabilizzeranno il rendimento di un’assicurazione non vita e, di conseguenza, il contributo dei servizi assicurativi al prodotto interno.Anche il perimetro delle amministrazioni pubbliche sarà verificato, alla luce degli aggiustamenti metodologici introdotti dal Sec 2010: la spesa delle Pa è già contabilizzata come domanda finale (inclusa nei consumi intermedi, come produzione di servizi ad uso della collettività), pertanto non dovrebbero verificarsi differenze rilevanti.Infine, il nuovo sistema comporterà un migliore monitoraggio dei cambiamenti economici nei prossimi 15 anni: saranno disponibili dati di bilancio pubblicopiù tempestivi e completi, in particolare sulle potenziali obbligazioni governative future.

 L’INCLUSIONE DELL’ECONOMIA ILLEGALE

L’aspetto che ha prodotto più clamore mediatico è l’inclusione nella contabilità nazionale delle attività illegali: sinora queste non sono state considerate a causa dell’eccessiva difficoltà di valutazione, il che comporta dubbi sulla misurazione attendibile dell’economia criminale e rischi di disomogeneità di definizione fra i vari paesi Ue.E’ bene ricordare che  l’economia non osservata (quella che sfugge alle rilevazioni degli istituti di statistica) si articola principalmente in sommerso economico (le attività in sé legali ma che sfuggono all’imposizione fiscale, contributiva e giuslavoristica: in sostanza l’evasione fiscale e contributiva), economia informale (attività legali svolte su piccola scala o rapporti di lavoro basati su relazioni personali: lavoro domestico, volontariato, …) ed economia criminale o illegale. Le attività illegali riguardano laproduzione di beni e servizi la cui vendita, distribuzione o possesso sono proibiti dalle norme penali (traffico di droga, prostituzione, …) o esercitati senza adeguata autorizzazione o competenza (contrabbando, traffico d’armi, …).Va precisato che il Pil ufficiale dei paesi europei già comprende da molti anni l’economia sommersa. Sintetizziamo quanto descritto nel post “Economia sommersa e Pil: i dati dell’Istat”: l’economia sommersa è l’insieme di tutte le attività economiche che contribuiscono al prodotto interno ufficialmente osservato, ma che non sono state registrate (attività produttive che sfuggono per svariati motivi alla conoscenza del fisco). L’Istat ha pubblicato i suoi calcoli sul sommerso italiano nel 2010, stimandolo in una forchetta compresa tra il 16,3 e 17,5% del Pil osservato, con riferimento ai dati del 2008 (in dettaglio l’evasione era indicata al 32% nel settore agricolo, al 12,4% nell’industria e al 20,9% nei servizi). In valore assoluto il sommerso economico riferito al 2008 era compreso in un range tra i 255 e i 275 miliardi di euro (link  http://www3.istat.it/istat/audizioni/220710/Allegato1.pdf); per altre valutazioni in merito si rimanda al post “Alcune stime sull’economia sommersa in Italia”. L’incidenza del sommerso italiano risulta significativamente maggiore rispetto agli altri paesi sviluppati: per un confronto con altri paesi europei si rinvia al post “I numeri dell’evasione fiscale in Italia e in Europa” (in cui è stato quantificato e confrontato il mancato gettito per l’Erario e non la percentuale di Pil in nero).In occasione dell’introduzione di nuove modalità di rilevazione di cui sopra, l’Eurostat ha voluto meglio attuare il principio di base che indirizza l’attività degli istituti di statistica nazionali:  le stime sulla dimensione economica del Pil devono essere il più possibile esaustive, dal che consegue che vanno contabilizzate tutte le attività produttive di reddito indipendentemente dal loro status giuridico. Se sinora le attività criminali non sono state prese in considerazione a causa delle difficoltà di misurazione, l’Eurostat ha inteso superare tale limite fornendo linee guida chiare, a partire dalla specificazione di quali attività illegali concorreranno alla determinazione del Pil: traffico di sostanze stupefacenti, prostituzione e contrabbando (di sigarette o alcol). Da notare che alcune di tali attività in alcuni paesi Ue sono considerate legali, e quindi già pienamente contabilizzate. L’Eurostat ha definito anche la metodologia di stima a cui i paesi europei dovranno uniformarsi nel calcolo del valore delle attività criminali: ad esempio la prostituzione sarà inclusa nei servizi (offerta), il traffico di droga dal lato della domanda.

LE STIME DI IMPATTO ECONOMICO

L’Eurostat ha stimato gli effetti della nuova metodologia statistica: il Pil medio dell’Unione (calcolato in riferimento al 2011) dovrebbe salire di circa il 2,4%, di cui l’1,9% (i quattro quinti del totale) grazie al nuovo sistema di valutazione della spesa in R&S e lo 0,1% per le spese militari. Gli stessi cambiamenti negli Stati Uniti hanno comportato un aumento “statistico” del Pil del 3,5% (del 3% in termini omogenei con il sistema di rilevazione adottato in Europa), di cui il 2,5% grazie alla riclassificazione delle spese di ricerca. L’impatto sarà anche molto diverso tra i paesi Ue, come si vede dal grafico.

Pertanto nel 2011 il Pil italiano sarebbe stato superiore dell’1-2% rispetto al dato oggi noto; per Francia e Germania il beneficio sarebbe stato superiore (tra il 2 e il 3% del loro Pil), per Finlandia e Svezia ben più consistente (4-5% in più): infatti i paesi in cui più si registrano investimenti (privati) in ricerca beneficeranno maggiormente del cambio di metodologia.Il ricalcolo del Pil effettuato dagli istituti di statistica nazionali europei non si limiterà al 2014, ma, prendendo come punto di riferimento l’anno 2011, verrà esteso al periodo dal 1995 ad oggi: verranno ricostruite le serie storiche sulla base dei nuovi criteri. Ne consegue che, al contrario di quanto molti ritengono, il cambio metodologico non avrà un impatto rilevante sulle previsioni di crescita per l’anno in corso. Detto più chiaramente: le stime di incremento del Pil dei governi europei non si incrementeranno (per l’Italia l’esecutivo ha indicato il +0,8% nel Def), proprio perchè anche il Pil del 2013 verrà considerato utilizzando lo stesso sistema di valutazione. Un impatto di una certa rilevanza si avrà per via indiretta, visto che alcune grandezze cruciali per il funzionamento della Ue e dei suoi Stati membri sono connesse al Pil: la rivisitazione (in aumento) del prodotto interno inciderà sul rapporto decifit/Pil e sul rapporto debito/Pil, ovvero sui parametri (risalenti al Trattato di Maastricht) utilizzati per valutare la salute delle finanze pubbliche di ciascun paese. Senza dimenticare che il Reddito nazionale lordo (direttamente connesso al Pil) è utilizzato per determinare il contributo di ciascun paese al bilancio dell’Unione e che il Pil pro-capite regionale è il riferimento per l’attribuzione dei fondi strutturali alle regioni Ue.In particolare per l’Italia un incremento “statistico” del Pil pari al 2% migliorerebbe il rapporto deficit/Pil in modo da liberare maggiori margini di spesa pubblica dello 0,06% del prodotto interno (che sono pur sempre poco meno di un miliardo di euro), mentre il rapporto debito/Pil al 31 dicembre scorso ricalcolato si attesterebbe al 130% tondo (anziché al 132,6% oggi certificato ufficialmente).

CONCLUSIONI

La dimensione economica dei paesi Ue sarà sottoposta ad una revisione che mira a rendere il Pil più rappresentativo della realtà effettiva (incrementandone il valore assoluto) e, soprattutto, ad armonizzare maggiormente i sistemi di calcolo nazionali (in modo da renderli più omogenei e comparabili). A noi di Economy2050 le nuove regole non appaiono come un “trucco” statistico ideato per dopare il Pil dei paesi Ue (né del mondo intero), ma semplicemente come un tentativo di adeguamento delle tecniche di rilevazione statistica all’evoluzione economica degli ultimi decenni. Chi parla addirittura di un escamotage per gonfiare la crescita del 2014 sembra essere proprio fuori strada (visto che le stime di crescita non ne saranno influenzate).Se è corretto riconoscere che l’economia mondiale è sempre più basata su fattori produttivi e prodotti intangibili, tuttavia è necessario verificare se risulterà corretta la nuova rilevazione dell’economia digitale, le cui caratteristiche (ad iniziare dall’obsolescenza) sono totalmente differenti rispetto ai macchinari caratterizzanti l’economia delle cose. In sostanza, a nostro giudizio il rischio di errori di valutazione (in buona fede) è concreto, per cui sarebbe indispensabile un continuo e attento monitoraggio per verificare l’efficacia del nuovo sistema di rappresentazione della realtà economica. Immaginiamo che tra cinque-dieci anni ci si rendesse conto che sono stati compiuti degli eccessi di valutazione e si imponesse una revisione al ribasso delle serie storiche dei Pil europei: peggiorerebbero automaticamente i principali indicatori di finanza pubblica dei paesi Ue, con effetti politico/economici imprevedibili.Sulla scelta di includere nel calcolo alcune attività illecite non esprimiamo giudizi di valore, ma rileviamo che alcune di esse in altri paesi sono considerate legali (e quindi fanno già parte del Pil osservato). Delle forti perplessità sorgono, al contrario, sui numeri forniti. Nei post “Il fatturato dell’economia criminale in Italia” e “Gli aspetti più opachi dell’economia criminale in Italia” sono state riportate alcune stime sull’economia criminale in Italia: basti qui ricordare che secondo Bankitalia le attività criminali volontarie (ovvero non legate a violenza: in sostanza prostituzione e stupefacenti) fatturavano nel 2008 il 12,6% del Pil. Come sia possibile che il Pil italiano, includendo tali voci, possa incrementarsi appena dell’1-2% non appare per nulla chiaro, anche perchè maggiori dettagli sui numeri non sono stati forniti né dall’Eurostat (che comunque fra le cause dell’incremento stimato del Pil europeo non include l’economia illegale), né dall’Istat. E’ chiaro che un balzo di oltre il 10% del Pil italiano per effetto della contabilizzazione dell’economia illecita migliorerebbe artatamente tutti i parametri di finanza pubblica, come è chiaro che un’operazione del genere sarebbe politicamente molto difficile da realizzare quanto pericolosa (in termini di rischio di un nuovo allentamento del rigore sui conti pubblici a seguito di un Pil gonfiato in modo fittizio).Infine va rilevato che l’Istat ha recentemente reso noto che si appresta ad utilizzare strumenti di rilevazione e analisi più aggiornati per meglio stimare l’economia sommersa (e, si presume, anche quella illegale). Sarà interessante il raffronto fra i livelli del Pil calcolati secondo il vecchio e il nuovo metodo, per valutare i riflessi sul prodotto interno del nuovo sistema di rilevazione statistica: i primi dati verranno pubblicati il 20 ottobre prossimo. Nel frattempo sarebbe il caso che l’Istat aggiornasse il dato sull’economia sommersa utilizzato nel calcolo del Pil, che appare ormai riferito ad un’altra epoca economica (il 2008 è stato il primo anno della crisi infinita da cui l’Italia non riesce ancora a risollevarsi). La Corte dei Conti, ad esempio, ha recentemente stimato l’economia sommersa al 21,1% (post “Lo stato di salute dell’Italia a fine 2013: i dati definitivi”), ben oltre il 17,5% massimo ipotizzato dall’Istat.

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